writing down the bones
- Monica
- 22 feb 2018
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 27 feb 2018

Writing down the bones: si intitola così un saggio di Natalie Goldberg. In italiano si è trasformato in Scrivere zen1, titolo comunque bello, capace di cogliere l’essenza del libro. A prima vista agli antipodi, questi due titoli, come sempre accade agli opposti, sanno fondersi e conciliarsi per comunicare l’insieme. Come i termini di un’equazione, la passione che scava: la calma che apre la mente.
Scrivere fino all’osso. […] perché lo scopo è quello di aprirsi un varco fino a giungere ai primi pensieri, là dove l’energia non viene ostacolata da motivazioni di convenienza sociale o dal censore interno, là dove si scrive ciò che la propria mente vede e prova veramente, non ciò che pensa di dover vedere o provare… per portare alla luce gli aspetti più bizzarri della nostra mente, per esplorare il margine ruvido del pensiero. Come quando grattiamo una carota per dar colore a un’insalata di cavolo, così dobbiamo dare alla carta il colore della nostra consapevolezza. Scrivere zen. “I colori erano molto più vibranti, dopo”, disse una mia amica buddhista alla fine di un periodo di meditazione. Il suo maestro di meditazione le rispose: “Quando si è presenti, il mondo prende davvero vita”.
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