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la notte dei tempi

  • Immagine del redattore: Monica
    Monica
  • 1 mag 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Leggo Moitessier: una vena di invidia scorre sotto la mia pelle. A zonzo per i Mari del Sud (e non solo), una vita libera, l’infanzia trascorsa nell’Indocina coloniale ad apprendere i rudimenti della vela sulle piccole giunche dai pescatori vietnamiti, e poi il coraggio di lasciarsi alle spalle gli agi borghesi.

Mi sono scelto una stella, la più vicina alla prua da tenere, che scivolerà lentamente a sinistra sulla volta celeste: sarà sufficiente che modifichi la rotta di un poco a dritta, ogni tanto.

Bernard Moitessier, Tamata e l'alleanza


Basta prendere le stelle, nelle notti luminose dell’estate, come nella notte dei tempi facevano gli antichi marinai. E così gioco anch’io a prendere quella stella, quella lì, di punta alla prua.


Le notti di guardia in mezzo al mare, un momento magico che si rinnova, la sensazione di infinita libertà che ti dà il mare nella notte, un’altra dimensione: il silenzio, e il buio che ti avvolge, sei solo ma non lo sei, è come se niente potesse toccarti perché tutto è lontano, ti ritrovi inattaccabile, oltre le ultime preoccupazioni, che solo poco prima sembravano parte viva della tua vita. E ti domandi come sia possibile che lì, in mezzo al nulla, tutto sia così placidamente immobile. Solo il rumore del mare, leggero, in sottofondo, a farti compagnia.


Rosso al rosso, verde al verde… e allora, quale è il problema? Ma so che quel mostro potrebbe materializzarsi nel giro di pochi secondi, e lui la rotta non la cambia.

Rosso al rosso, verde al verde. Tengo duro per un po’, armata di cannocchiale. Ma il chiattone non viene verso di noi, sfila lontano, abbastanza lontano, ma quel che basta per intravederlo, placido, immenso, imperturbabile nella sua drastica fisicità… era grosso davvero.


Il verso dei pozzi, l’urlo sordo… ma che urlo, non è un urlo, un gracchiare, ma no… un fischio: neanche! Beh, ora non mi viene proprio la parola giusta per definirlo. Dove saranno, non li vedo ancora, li sento solo. Lucine lontane che sembrano barche, ma lo non sono. Anche lui ci sfila vicino, e allora parte la sirena… e magari qualche maledizione, ma perché cambiare rotta? Il mare si illumina per una manciata di minuti: bagliori surreali, di immense creature metalliche appese nel nulla, suggestione fantastica di immobili mostri marini.


Rosso al rosso, verde al verde. Ma questa volta niente paura: è il borbottio di un motore, questo è piccino. Cosa ci fa un peschereccio, così dentro al mare? Avrà dovuto spingersi fino a qua per trovare pesce? Cosa penseranno loro, i pescatori, quali i loro pensieri, che immagino così lontani dai miei nella routine che si compie uguale notte dopo notte. Darà loro emozioni il mare nelle notti di calma?


Il cielo si sta lentamente illuminando di luce bianca. Tra poco il primo spicchio di sole rosso infuocato, verso l’est della nostra rotta. Tra poco sfilerò via la cipolla pezzo per pezzo, tra poco arriverò al costume, il beneamato costume tanto agognato nei mesi che hanno preceduto questa altra estate.

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