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I passi nel deserto

  • Immagine del redattore: Monica
    Monica
  • 20 nov 2020
  • Tempo di lettura: 2 min


Amir camminava a passo veloce, con ritmo deciso e cadenzato, totalmente assorto nei suoi pensieri, il capo chino, lo sguardo a sfiorare la punta dei sandali. Il sole era alto nel cielo, un cielo di un blu pungente, l’aria immobile, non un filo di vento. La voce del muezzin si spargeva nella spessa calura di fine agosto. A parte le onde di quel suono lontano, tutto appariva immobile e silenzioso, eccetto il ritmico tic-tac dei sui passi sul selciato della kasba. Doveva affrettarsi, la sorella era probabilmente già a casa ad attenderlo con Fawzia, la più piccola dei sui figli. Era quasi mezzogiorno. Percorse il corridoio esterno, che tratteggiava il perimetro della fortificazione. Arcate interne delineavano lo spesso muro di terracotta, formando, di tanto in tanto, alcune nicchie. Tutte le volte che passava davanti alla terz’ultima arcata, prima di svoltare verso un altro corridoio, che portava direttamente alla sua dimora, il capo si voltava come d’incanto, così, automaticamente, come a voler riverire quell’angolo recondito.

Era una nicchia insolita, molto più profonda e, in fondo, sulla destra, si insinuava in uno stretto cunicolo adiacente. Più volte Amir si era domandato che significato avesse quello strano scavo perché, ne era certo, un significato passato sicuramente lo aveva avuto. Questa volta, con la coda dell’occhio, notò qualcosa sporgere da quell’insenatura sul fondo. “Che strano…” pensò. Non aveva mai notato nulla o forse, semplicemente, mai ci aveva mai fatto caso. Spinse la testa all’interno della nicchia, allungò la mano, e vide che si trattava di un vaso, una sorta di anfora, con due piccoli manici laterali. In quella scomoda posizione le diede solo uno sguardo fugace ma, d’istinto, la spinse più dentro a quell’insenatura, così da nasconderla, e ritornò sui suoi passi.


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