MONICA MAZZANTI
copywriting - redazione testi
corsi di scrittura
Inchiostro di parole
Capitolo 3 - Improvvisa un'apparizione
Federica
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“Questo è l’effetto che fa la cioccolata in tazza della famiglia Lett!” disse la suora, cercando in questo modo di alleggerire tanto la conversazione quanto lo spirito, soprattutto agli occhi di Mathilde.
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In quel preciso istante però si sentì incredibilmente vulnerabile, pensando che sarebbe bastato quel dettaglio a far emergere una verità, che invece avrebbe dovuto proteggere a tutti i costi, una verità rimasta inviolata per ben venticinque anni. Si concesse ancora un sospiro profondo, da cui prese la forza per pensare che non sarebbe bastata una frase di quel sindaco impertinente a rovinare l’atmosfera familiare, che riusciva sempre a percepire con la famiglia Petersen e, soprattutto, con Mathilde. Lei, in cuor suo, aveva compreso che la situazione non sarebbe stata più conciliante e per infastidire il sindaco gli disse, sorridendo:
“E’ stato un piacere incontrarla, ma adesso dobbiamo tornare in libreria a portare del materiale a mio fratello Halvor, sa, sta dipingendo una nuova area della libreria e non vorremmo interrompere troppo il suo flusso creativo!”
“E’ proprio dell’arte di tuo fratello che ti volevo parlare, sai? Ho sviluppato un progetto che penso potrebbe proprio piacergli, e questa volta sono sicuro vorrà contribuire per il bene della nostra città!”
“Come dicevo, al momento è molto impegnato con la sua libreria, ma in futuro, mai dire mai”, si affrettò Mathilde, alzandosi, prendendo a braccetto suor Freja e sua mamma, Inge Petersen. E così, suor Freja, Inge e Ole Petersen s’incamminarono verso il parcheggio, incorniciati dalla neve fresca, che aveva imbiancato la città. Il paesaggio candido regalò a tutti una sensazione di conforto, cosa di cui sentirono di aver bisogno, a partire da suor Freja, che non era pronta a riaprire certe ferite. Inge e Ole sperarono in quel momento, che il carattere allegro e spensierato di Mathilde non lasciasse spazio alle ombre, che la conversazione con il sindaco avrebbe potuto lasciare.
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Come tutti i mercoledì, appena arrivata alla libreria, suor Freja si affrettò a preparare la miscela di semi, bacche e fiori raccolta per gli uccellini del bosco, era un extra, una sorta di dono, che elargiva una volta alla settimana ai tanti volatili. Ma, la vera ragione era un’altra. Aveva trovato quella scusa per assicurarsi che tutto filasse dritto, che Halvor non avesse problemi di sorta. Quella piccola invadenza nel suo mondo la rassicurava. Lui, così schivo e indifeso… lei, mamma putativa, attenta, ma discreta, riusciva in quel modo a mettere piede dentro a quel bizzarro mondo e, con quell’espediente, era in grado di mantenere un certo tipo di rapporto con lui.

Mentre passava davanti alla sala dei libri arancioni, incrociò un uomo, alto e vestito di grigio, che quasi la urtò. Di scatto trasalì e bofonchiò distrattamente una scusa. Fece qualche passo, poi si fermò. Attese qualche secondo, quindi si girò. L’uomo era rimasto immobile e la fissava. Il silenzio si fece greve. Fu l’uomo a romperlo, bisbigliando:
“Emma…”
“Sv… Svend?”
“Sì, Emma, sono io.”
L’uomo fece quei pochi passi che li dividevano e le buttò le braccia al collo, lei non si ritrasse, ma non contraccambiò la stretta.
“Tu… tu? Ma, che ci fai qui?” disse incredula.
“Devi aiutarmi, non trovo la lettera, aiutami a trovarla prima che la trovino loro.”
“Che lettera? Vieni, è meglio che andiamo via”, gli disse, strattonandolo per un braccio.
Proprio nel momento in cui stavano per varcare l’uscita, Freja e Svend si trovarono di fronte Mathilde. A suor Freja venne spontaneo dirle:
“Questo signore si è perso nel bosco, adesso lo riaccompagno nel suo albergo in città! Salutami i tuoi genitori e Halvor!” Si dileguarono tra la neve non ancora battuta e arrivarono alla Casa Missionaria dell’Accoglienza di suor Freja, dove però ad aspettarli c’era Inge Petersen, con una lettera in mano.
image credits: 1 Muhammed Ragab/Ragabaz, 2. Stefan Keller/KELLEPICS by Pixabay
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