MONICA MAZZANTI
copywriting - redazione testi
corsi di scrittura
Inchiostro di parole
Capitolo 22 - La luce, nel buio
Monica
Mynte bussò alla porta della casetta in pietra, al limitare del vicolo, adiacente al bosco di faggi. Svend aprì e se la trovò davanti.
“Sei venuta… ti... aspettavo… entra”, le disse con uno sguardo che faceva trapelare una scompigliata felicità, ma anche una certa irrequietezza.
Veloce andò verso il davanzale, sul quale era posata una piantina di menta. La prese e si voltò verso Mynte, mostrandole compiaciuto il vasetto. Lei inalò lievemente e il suo viso si aprì in un grande sorriso. Fece qualche passo verso di lui, ma inciampò in una sedia, con le mani tastò l’aria in cerca della piantina, e riuscì a raggiungerla, la prese tentennante dalle mani di Svend e la annusò inebriata.
“Grazie!”
“Ehi Mynte, tutto ok? Che hai fatto agli occhi, non vedi bene?”
Solo allora, guardandola attentamente, Svend si accorse che i bellissimi occhi di Mynte non erano più di colore diverso, ma entrambi di un azzurro sbiadito. Quegli occhi ammalianti, che lo avevano fatto innamorare, avevano ora un’espressione diversa, persa e confusa.
“Ho fatto la mia scelta Svend, voglio stare con te e con Halvor. Troppo tempo è passato lontano da voi, ora voglio essere donna, voglio essere moglie e madre.”
Sven la guardava stupefatto. Il suo cuore ribolliva: da una parte lo stupore e la felicità per quelle parole, dall’altra, la consapevolezza che c’era qualcosa di molto sbagliato.

“Cosa è successo ai tuoi occhi?”
“La mia scelta mi ha imposto un prezzo da pagare. Ho dovuto sacrificare i miei occhi. Sono diventata cieca.”
“Come cieca? Cosa altro c’è da sapere? Cosa altro c’è da capire?”
Il tono della sua voce era disperato, le parole gli uscivano in un mormorio confuso. Poi, con risoluta forza di volontà, ritornò in sé, la sua voce riprese vivacità e continuò:
“Come cieca? Cosa vuol dire tutto questo? Ho ritrovato mio figlio dopo 25 anni, 25 lunghi anni… La lettera che mi scrivesti ha fatto questo incantesimo, tutto è partito da lì. Poi Halvor che mi spedisce in Giappone, il fantasma di mia moglie, che mi appare e mi salva da un’aquila impazzita, che cerca di uccidermi, l’incendio alla libreria e quell’aquila che muore.
Andò verso di lei, le prese il viso tra le mani e, implorandola, le disse:
“Mynte, dimmi che sei tu, tu davvero. Ti prego, aiutami o impazzisco!”
“Sono io Svend, e so tutto, so tutto. Non ti chiedo di perdonarmi, solo di ascoltare. Vi lasciai perché non avevo scelta. Mi ero innamorata di te… ero felice, ma… nacque il bambino…”
Fece una pausa. Svend la guardava fisso.
“Quel gufo bianco che volava nel bosco, che di tanto in tanto appariva… quel gufo ero io. In realtà, non vi avevo lasciato, ero con voi… solo in altro modo… nel modo in cui potevo. Capisci? Io non ero una creatura umana, io ero… una strega… La mia missione in Danimarca era quella di equilibrare l’energia del mondo vegetale, mantenendo armonia tra la natura e gli esseri umani. Avevo la capacità di prendere sembianze umane, ma creature come noi, umane non sono. Non siamo in grado di provare sentimenti come l’amore… non possiamo permettercelo. Ma qualcosa cambiò con te… mi innamorai.”

Svend la ascoltava rapito, senza proferire parola. Lei pensò che finalmente era arrivato il tempo che capisse, che potesse mettere insieme tutto quello che di incredibile era successo, e accettasse.
“E l’aquila… quell’aquila era Whasi, il mio guardiano. Ci viene sempre affidato un guardiano, diciamo così, si lavora in due… Poi nacque Halvor, solo Halvor…”
Mynte fece un lungo sospiro e continuò.
“Whasi mi ingannò. Era geloso di te! Ma io non lo sapevo, l’ho capito solo qualche settimana fa… era tutto scritto negli strani simboli con cui Halvor aveva decorato i muri della libreria. Whasi mi disse che non potevo rimanere con lui, con mio figlio, perché per metà era il figlio di una strega, e anche lui aveva dei poteri, seppur sconosciuti. Se fossimo rimasti insiemi, le nostre forze si sarebbero sommate, e avrebbero potuto creare cataclismi, disastri naturali di immane entità. Eh, hai visto tu stesso, cosa sono stata capace di combinare.”
“E Halvor…?”
“Non preoccuparti per Halvor, lui ora sa tutto. Lo so, se ne è andato, la distruzione della libreria è stato troppo da sopportare, è arrivata dopo tanti, troppi colpi di scena. Dagli tempo, ha bisogno di tempo… avrà le forze per rimettersi insieme.”
“Io... io... credevo di impazzire, questo vortice mi ha travolto”, sussurrò Svend.
E lei continuò.
“Lo so, ha travolto anche me. Ero frastornata, confusa e inferocita con Whasi, come aveva potuto ingannarmi così, tradirmi come solo un umano sa fare? Poi ho capito. Ma solo l’altra sera, alla libreria, quando ti ha salvato la vita! Capisci? Qualcosa era cambiato anche in lui! Whasi si è sacrificato per me, per far sì che potessi vivere ciò che desideravo, una vita con te e mio figlio. Whasi mi amava davvero! Anche lui ha provato il sentimento dell’amore. Se non fosse sceso in picchiata sull’auto di quello scellerato, l’auto ti avrebbe investito e saresti morto tu. Lui ti ha avvisato, ti ha permesso di correre via, e ha fermato la pazza corsa dell’auto con il suo corpo, sacrificandosi. E poi… poi Mathilde, la cara Mathilde, non è tua figlia, è il guardiano che scelsi per Halvor. Lei ha vegliato su tutti voi, amorevolmente, per tutti questi anni senza mai tradirsi. Credimi, altro non avrei potuto fare. Sono stati anni difficili, molto difficili. Ora ho scelto di tornare e stare con voi… ma solo se tu lo vorrai.”
Svend aveva ascoltato in silenzio. Ora fu lui a parlare:
“Ho sempre saputo che c’era qualcosa di magico… quella lettera che mi lasciasti, coi versi della poesia… poi le altre, ricevute dal Giappone. E il libro, quello strano libro A un usignolo, mi porta la tua ombra, me lo diede Halvor, avvolto in una sciarpa arancio, come se fosse un libro per i più coraggiosi, dunque, io dovevo esserlo… era un libro sulle follie dell’amore, narrava la leggenda della ninfa Mynta, intrappolata e trasformata in menta per aver osato tradire e amare, non poteva essere un caso, poteva solo essere magia!”
“Nulla era un caso! Halvor non sapeva… ma sapeva! È stato lui, inconsciamente, coi suoi poteri a srotolare tutta questa storia… perdendo la lettera, regalandoti il libro… dipingendo sui muri i simboli con la verità.”

“Quando ti ho rivista, ho pensato fossi la figlia di Mynte, ma poi quel bacio, era tutto dentro quel bacio… ma come potevo credere?”
“Quante volte ho pensato a questo momento… ho dovuto solo aspettare che tutto si compisse, come, non sapevo, ma c’ho sempre creduto, fino all’ultimo, estremo sacrificio di Whasi.”
“Nessun’altra donna è entrata mai nella mia vita. Aspettavo te, solo te. Sapevo un giorno saresti tornata.” “Lo sai, che sarò cieca… per poter diventare donna, ho dovuto donare i miei occhi al gufo bianco delle nevi che mi sostituirà, speriamo lui non combini guai…” disse queste ultime parole con un sarcastico risolino. Poi continuò:
“Una volta che rinunci ai tuoi poteri magici, non potrai mai più essere fatato. Dovrai passare i poteri al tuo sostituto. Se vorrai, potrai tornare a esistere, ma verrai declassato a creatura minore, senza alcuna capacità. Una giusta punizione. Dovrai pagare un prezzo per aver tradito. Io ho scelto così”.
“Ti aiuterò io, vedrai…”
Proprio mentre diceva quelle parole, si accorse di quel lapsus e, con grande imbarazzo, terminò la frase: “Vedrai coi miei occhi, saranno anche i tuoi.”
Mynte sorrise. Con quella gaffe era persino riuscito a strapparle quel sorriso.
In quelle loro ultime parole, entrambi avevano stemperato tutta la drammaticità del momento. Lo presero come un buon auspicio.
Svend le riprese il viso tra le mani e, dolcemente, posò le labbra su entrambi i suoi occhi, ripetendo:
“… vedrai…”
Si abbracciarono forte.