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Cognitivo zooantropologico

Rispondere ai bisogni etologici del cane, sapendo “renderlo felice”

svilupparne flessibilità cognitiva e autocontrollo 

conformare l'adattamento al contesto umano

creare una dimensione di relazione

Con questi obiettivi, l'approccio cognitivo zooantropologico (CZ) si concentra su un modo di “vivere il cane” che bypassa gli schemi fissi del behaviorismo-gentilismo, rispettando l'etologia del cane, articolandosi quindi su due fondamenti interconnessi, che si identificano nello sviluppo del potenziale intellettivo e nella creazione di una dimensione di relazione.

L’approccio tradizionale gentilista si basa infatti sul rinforzo positivo: “fai la cosa che ti chiedo, allora ti premio”. Così facendo, si riduce il comportamento del cane a un mero automatismo, che va a vincolare successivi sviluppi cognitivi, ignorandone le caratteristiche specie-specifiche, a vantaggio delle pretese delle persone, provocando spesso anche problemi comportamentali.

È come se si azionasse un interruttore: al tic risponde il tac.

Il cane diventa bravissimo a fare le cose che gli vengono insegnate. Ma solo quelle. Entrerà così in fissità cognitiva e verrà mosso dalla ricompensa che gli aspetta, non dalla volontà di mettere in atto quel determinato comportamento. Inoltre, il bocconcino provoca una dipendenza, una condizione ansiogena e un'infantilizzazione. Parte un’eccessiva epimelisi, che relega il cane. 

Al contrario, l’approccio CZ è tutto mirato al coinvolgimento del cane, alla capacità di saperlo ingaggiare. E quando l’obiettivo non è la ricompensa, ma il desiderio che ti muove, la tua mente non sarà vincolata da un rinforzo.
 

Il processo di apprendimento non sarà quindi aperto da uno stimolo e chiuso dal rinforzo, bensì generato da un obiettivo e regolato dal suo raggiungimento.
 

Proprio perché il cane non sarà trincerato da un automatismo né sottoposto a un condizionamento, potrà mettere in moto il cervello e arrivare a dotazioni cognitive flessibili, in grado di adattarsi a situazioni diverse. Questo lo renderà protagonista… cercando, sbagliando, trovando!

È così che si diventa intelligenti, è così che si apprende davvero.

Ma c'è di più: un cane interessato a una tal cosa, riuscirà ad apprenderla senza difficoltà perché starà divertendosi.

La sua capacità nel mettere in atto un ragionamento lo porterà ad acquisire gli autocontrolli necessari a limitare la sua impulsività, traducendosi in benessere psicofisico. 

Nell'approccio CZ, i segnali di controllo gestionale (altrimenti definiti comandi) hanno infatti valore cognitivo perché il cane ci arriva ragionando, facendo lavorare al meglio le proprie componenti posizionali ed elaborative, dando vita a script comportamentali. Non sono atti involontari dettati da uno stimolo, a cui il cane è obbligato a rispondere, bensì sono comportamenti che mette in atto sotto segnale (o non), con il suo consenso, avendoli interiorizzati. Quei segnali gli dicono: "stai calmo e ragiona". Agiscono dunque sul suo stato interiore, favorendo la calma e la giusta concentrazione per mettere in atto un comportamento o la risoluzione del problema.

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L’obiettivo finale non è quello di “controllare” il cane, bensì di dar vita a comportamenti autocontrollati. Il controllo si esercita quando il cane ha molta voglia di fare una determinata cosa e noi gli chiediamo di non farla.

Se invece metteremo in atto un processo di allineamento, si arriverà a forme collaborative. Durante tale evoluzione sarà necessario attirare l'attenzione del cane prima che si organizzi sotto il profilo motorio e, solo dopo averla ottenuta, cioè con il suo consenso, inviare il segnale. Intenderà così il segnale non come un ordine militare, ma come compartecipazione.

Il lavoro sui controlli gestionali, permetterà al cane di gestire le sue emozioni e le sue risorse, e si sommerà a tutto il lavoro cognitivo di conoscenza valutativa del mondo.

A questo si aggiunge un altro grande vantaggio: se saprai ingaggiare il cane, lui ti accrediterà, e starai creando con lui una vera relazione. Questa è la sfera zooantropologica.

Diventerai interessante ai suoi occhi e ti vorrà seguire, non perché foraggi premietti, ma perché con te “sta bene”.

Non può esserci alcun intervento utile sul profilo comportamentale  senza un lavoro sulla dimensione di relazione.
 

Tessere una relazione significa saper creare un interscambio collaborativo. Non ti limiterai a farti capire, ma ti sforzerai di comprendere quanto lui ha da dirti. Lo scambio è biunivoco, non a senso unico, si dà nella stessa misura in cui si riceve, in un alternarsi interspecifico ed emozionale, che può portare a una profonda osmosi.

Collaborazione > allineamento = essere tutt'uno, uno nella mente dell'altro = patto comunicativo

L'osmosi esiste, non è magia! E' un filo invisibile che unisce. Se non l'hai provata, non puoi sapere che cos'è... E' possibile con il cane, creatura infinita e meravigliosa. 

Certo, per pregiarsi di comportamenti performativi, è molto più semplice e veloce utilizzare una tecnica che un approccio personalizzato, inteso a stimolare intelligenza e intesa.

Il CZ è infatti un vero work-in-progress, bello perché tale, fatto di quotidianità, intuizioni, osmosi e step back, ma apre le porte del cuore e della mente, e arriva al cane senza alcun inganno.

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L’approccio cognitivo zooantropologico si basa sugli studi di Roberto Marchesini (SIUA) sulle scienze

cognitive animali e sulla zooantropologia.   

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