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Packaging

Sarà anche vero che l’abito non fa il monaco, ma... l'occhio vuole la sua parte.
 

Giochi di parole a parte, non sceglierò mai un prodotto che ancora non conosco - potesse essere il migliore sul mercato - se presentato in una brutta e anonima confezione. Di primo acchito, il piacere del bello conquista anche lo spirito. 
Il regalo, l’oggetto che hai acquistato perché sia donato alla persona predestinata, augurandoti di cuore che possa incontrare i suoi gusti e desideri - ebbene - quell’oggetto, lo avvolgi in una bella carta e poi, lo arrotoli in un nastro attraente
. Quella confezione diventa anticipazione di quanto in essa contenuto, diventa sorpresa nello scoprire l’essenza dell’involucro stesso. Il meccanismo psicologico di attrazione verso lo schiudere, lo sbottonare, lo slacciare… è sempre lo stesso.

Una volta fui tentata di acquistare un profumo solo e perché bizzarramente attratta dal flacone che lo conteneva. Un fiore rosso, dall’alto ed esilissimo stelo, contenuto dentro un'affusolata boccetta, armoniosa e leggera, che si inclinava graziosamente, quasi a seguire la naturale piega del fiore… quel fiore, mi ammiccava gaiamente. E io già lo vedevo elegantemente posato in un angolo preciso del mio bagno, sua perfetta collocazione.

E che dire di quella volta che un’amica mi offri un tè prezioso, contenuto in una deliziosa bustina di seta bianca traslucida, cucita a mano, con punti ariosi e leggeri, che finivano per formare un etereo cordoncino, a cui era attaccata l’altrettanto deliziosa etichetta: un semplice svolazzo, il logo e il nome del tipo di tè.

“Dove l’hai presa???”

“Me l’hanno regalata. Ma è in edizione limitata ed esclusiva per hotel di alto rango.”


Il giorno dopo, non solo per deviazione professionale, finii irrimediabilmente per sbirciare il sito di quel prodotto e scoprii che, in effetti, era una marca non commercializzata al dettaglio, sicuramente, non in Italia.

 

Sempre nel campo del tè, Lipton ha saputo reinventarsi e portare una ventata di freschezza fra le classiche bustine.

Deliziosa quella rotonda in mussola bianca, che si strizza tirando all’unisono i cordonicini, per permettere al tè di rilasciare l’ultima fragranza prima di essere eliminato. Non solo ingegnosamente pratica, ma bella e originale.

Oppure quella a piramide, che vanterebbe un infuso più intenso in termini di aroma, gusto e colore, grazie al maggior spazio così riservato a foglie, pezzetti di frutta e spezie.  

Nella sua accezione originaria, il termine packaging significa imballaggio. Inizialmente, infatti, le confezioni dei prodotti erano un semplice sistema di protezione da urti, condizioni climatiche, manomissioni. Oggi sono diventate un elemento essenziale, degno di approfonditi studi di mercato. Negli USA un’indagine di marketing ha riportato che, in un supermercato di medie dimensioni, si possono trovare fino a 40.000 marchi diversi. L’importanza del packaging diventa dunque fondamentale per catturare l’attenzione del consumatore, per far sì che l’occhio cada su una confezione, piuttosto che un’altra. 
È l’impatto visivo a dare la prima impressione.
Nelle confezioni alimentari, vedere il prodotto può diventare importante purché la trasparenza della confezione non induca psicologicamente al pensiero di una confezione precaria e una possibile contaminazione.  Se al banco del salumiere acquisto il prosciutto che mi stuzzica di più, quello dall’aspetto più appetitoso, dal giusto colore che sa di fresco e buono, lo stesso vale per un altro prodotto alimentare.

Di recente mi è capitato di soffermarmi sulle confezioni di riso di vario tipo: chicchi così diversi, tondi e paffuti, snelli e appuntiti, minuti e irregolari, e poi il riso nero dagli aghi acuminati: quali differenze avrebbero nascosto, quanto bene la confezione avrebbe guidato e invitato alla scelta? Che grande delusione! Si parlava di riso basmati, ma niente si spiegava di questo riso originario di India e Pakistan, molto diverso dai nostri risi, e di riso thai profumato… ma al profumo di che? E la massaia avrebbe mai capito che thai significava thailandese?

Cosa dire poi della data di scadenza nascosta? E del peso, altrettanto nascosto, scritto piccolo piccolo nel retro della confezione. Quante volte mi è capitato di abbandonare un prodotto in preda all’esasperazione.

La confezione della linea di panificati Pavesi - Olivia e Marino - regala al prodotto una sua specifica e briosa identità, che rimanda ai tempi andati, di cose buone e genuine. Il nome, simpatico e metaforico, impersona i due personaggi che appaiono sulla confezione, raffigurati in una foto in bianco e nero, dal nostalgico sapore retrò. Olivia, richiama così bene il caro olio nostrano, e Marino, sprizza sapore e gusto. Anche le frasi a commento, brevi e giocose, sanno ben raccontare il prodotto.

Sorprendenti grissini rustici, con pezzi di pomodorini al sapore del sole.

L’aggettivo sorprendente, usato in modo originale perché non attinente a un prodotto alimentare, e l’ossimoro sapore del sole, conferiscono alla frase un ritmo inedito, fresco e personale.

 

San Carlo, sulla confezione di suoi snack, presenta in versi ogni prodotto di quella linea.

 

flash

Una saetta squisita, che ti cambia la vita!

 

rodeo

Di buon mais abbrustolito, ogni ricciolo è un mito.

L’immagine dell’ingrediente principale, nelle confezioni alimentari che non lasciano intravedere il prodotto, è un accorgimento di sicuro effetto. Le bibite Skipper di Zuegg ne sono un ottimo esempio: immagini a perfetta risoluzione, quasi tridimensionali, quasi a farsi loro stesse involucro.

Un altro aspetto degno di nota è l’ecologically correct, che considera l’impatto dei materiali utilizzati, il possibile riuso della confezione o il suo riciclaggio.

A questo proposito, una confezione dall’aria ecologica, che sa anche essere attraente, è quella della linea da bagno I coloniali di Atkinson. Flaconi e scatoline sono racchiusi in un confezione simile a un imballo di cartone corrugato: semplice ed elegante nella sua essenzialità. Una sobria etichetta li accompagna.

Oltre all'ecologico, la confezione può essere sfruttata anche per il sociale. Negli Stati Uniti i cartoni del latte sono da sempre utilizzati per rendere noti i volti dei bambini scomparsi o dei most wanted più pericolosi. Questa idea si è dimostrata una risorsa eccezionale per la risoluzione di innumerevoli casi. 

 

La linea HUE di goldenpoint abbraccia i suoi pigiami con una striscia in cartone che riporta in lingua inglese frasi colorate, di altrettanto colorata immaginazione:

Nella grande etichetta che accompagna il capo, in cartoncino grezzo, il nome si apre nel suo claim, invitando a vivere il mondo a colori

Elegante, dal sapore rétro, il sacchetto in carta di Maisons du Monde, che riporta l’effigie della donna cinese, ripetuta in quattro diversi colori e sfumature. L’effetto in negativo, gli conferisce un particolare gusto esotico, che sa di paesi lontani.

Di diverso impatto l’emblema, che si ripropone nel biglietto da visita: 4 case stilizzate – una tenda-tapee, un igloo, una capanna, una casetta. Pochi tocchi di matita, quattro riquadri tono su tono, a colori invertiti, per parlare della case del mondo. Simpatico e immediato nella sua essenzialità. Nessuna scritta sul davanti, informazioni di base sul retro.

Spesso è la semplicità a risultare vincente.

Essenziale l’emblema della linea cosmetica gli elementi delle Terme di Salice. Un segno primitivo, riportato su confezioni in colori tenui/trasparenti, a trasmettere la purezza e la naturalità di trattamenti derivanti da fonti termali.   

Attenzione al nero! Lugubre e funereo, se non destinato a prodotti di alta gamma, dotati di una loro elegante connotazione, come gioielli e cioccolato di qualità, che lo vedono spesso protagonista. Ci ha provato Barilla con la sua linea di prodotti salutisti e dietetici Alixir: 10 milioni di euro spesi per il lancio iniziale e un grande flop. Sarà il costo sproporzionato, sarà l'intervento dell'antitrust per diciture poco veritiere, sarà che il nero per un prodotto supposto bio non ci sta proprio. Non a caso la firma Barilla appare piccola piccola sul retro della confezione... che non fossero proprio convinti?

Lo sfondo bianco è quasi sempre vincente perché fa risaltare sia l'immagine che le parole.
Via libera anche al poco imbrattamento, che lascia ariosità e leggerezza all’intera confezione.

Ci sono begli esempi barocchi, ma devono essere fatti ad arte perché mischiare è sempre difficile e pericoloso. Esemplari i saponi di Nesti Dante, tutti coloratissimi, gradevoli intrichi di tinte diverse, soprattutto a tema floreale, che rimbalzano piacevolmente uno sull’altro.

Scenografiche anche le belle bottiglie di Arizona Green Tea che, a partire dagli anni '90, si sono guadagnate una lista infinita di packaging award. <<My theory has always been that people want pretty things>>. Molto basic il pensiero di Jean Pettine, l'artista creatore. Come dargli torto? 

Cosa dire poi delle etichette dei vini Donna Fugata, dai  disegni dal tono naïf, che sanno di storie antiche di dame e cavalieri in terre di sole, degno corollario di nomi altrettanto stravaganti.

Moderno l’esperimento di Rocchetta, che lancia sul mercato l’innovativa bottiglia rossa per la sua acqua minerale frizzante, contrapposta alla blu, leggermente gassata. Arduo definirle belle, ma sicuramente innovative e curiose. Per l'acqua minerale si erano viste bottiglie di vetro molte belle, mai niente di originale per quelle in plastica che, in questo caso, si fanno sicuramente notare, tanto da pensarle rinfrescanti bibite. 

Per il packaging della busta, ingegnosa l'idea delle case editrici, che promuovono i propri libri stampadone la copertina sul sacchetto. Libro porta libro...

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